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Introduzione all'anatomia

Accademia Artistica

Per comprendere l’anatomia, come al solito, partiamo dalla base, in questo caso dall’etimologia.

Perché? Perché serve sapere di cosa stiamo parlando. E’ importante, ai fini dell’esercitare lo studio dell’anatomia, comprendere anche COME devono essere interpretate le informazioni che andiamo a studiare. E lo si capisce molto bene, se si tiene conto che:

La Treccani definisce anche l’anatomia come “…Scienza biologica che studia la forma e la struttura degli esseri viventi: deve il suo nome al metodo di indagine, la dissezione, che ancora oggi, pur integrato da moderni e perfezionati metodi di ricerca, ha fondamentale importanza nello specifico campo di studio. Secondo che abbia per oggetto l’uomo, gli animali o le piante, si parla di a. umana, a. comparata e a. vegetale. “

Questo ci indica il primo punto fondamentale dello studio dell’anatomia, e cioè che ogni forma vivente, e/o ricreata, fermata, riprodotta a immagine e guisa delle forme esistenti reali, possiede un’anatomia.

Che si stia disegnando una foglia, un umano o i Puffi, dobbiamo partire dal concetto che abbiamo una anatomia presente alla quale riferirci. Niente è costruito a caso. E questa anatomia può essere composta da ossa, muscoli, cerchi, mezzeria, assi…dipende dal soggetto. Ma tutto vi fa riferimento.

In questa sezione affrontiamo l’anatomia umana, descrittiva, che analizza e studia la conformazione, i rapporti, la struttura e lo sviluppo dei diversi organi motori, ossei e muscolari del corpo, e ad un livello macroscopico, cioè funzionale alle attività artistiche, e non oltre.

Insomma, non faremo un trattato medico, ecco…

Interpretare l’anatomia, in arte, è un concetto “largo”. Anche nel più semplice dei disegni abbiamo necessità di intravvedere uno scheletro, una struttura portante, reale o immaginaria non importa, che ci aiuti a immaginare il soggetto in tridimensionalità, spessorato, come fosse davvero reale.

Perfino i Barbapapà di lontana memoria hanno, nella loro creazione artistica, una anatomia, che dice dove devono essere collegati arti e dove il resto…anche se il resto non si vede. Ma basta che si trasformino, come la loro caratteristica principale prevede, ed ecco che per mantenere una proporzionalità, una funzionalità, abbiamo bisogno di intravvedere sotto al disegno una struttura portante funzionale.

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Nella rappresentazione dell’uomo, invece, ovviamente l’anatomia riveste un’importanza primaria, insostituibile. Non è possibile raffigurare degnamente un essere umano, men che meno rappresentarlo in una costruzione di fantasia, se non si possiedono nozioni di anatomia artistica quanto meno basici.

Quindi studiare l’anatomia è studiare noi stessi, e rappresentaci in una sorta di autoritratto infinito. In fin dei conti, anche nelle tecniche pittoriche più estreme, avanguardiste, sempre riferimento ad un busto e a degli arti necessita…

…e proprio per studiare noi stessi, ancora prima che per esigenze artistiche, nasce l’anatomia.

Rapporto breve tra arte e anatomia

Come argomento di studio, ovviamente in ambito medico, l’anatomia ha sempre suscitato un gran interesse fin dall’antichità.

Ed è importante sottolineare questo concetto. Perché l’anatomia si rivelasse, ci fu bisogno di una consapevolezza cognitiva diversa dal passato, più avanzata in campo scientifico e raziocinante. Insomma, ci vollero i giusti cervelli, gli esatti pensieri, e una visione dell’uomo volta alla scoperta, allo studio, alla scienza… e alla medicina.

Non ci si pensa mai, ma dovette palesarsi l’esigenza di curare, guarire e preservare (anche se solo per i ceti alti), perché la mentalità cambiasse e si decidesse di vedere l’essere umano come un qualcosa di costruito e funzionante, di cui andava capito il meccanismo.

Tutto questo mentre le figure artistiche (che poco aveva di arte, e molto di linguaggio, preghiera e simbolismo comunicativo) continuavano ad essere raffigurate di profilo.

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Così le documentazioni antiche, dei popoli remoti, testimoniano un complesso di cognizioni anatomiche talvolta cospicuo, che serviva di base a una rudimentale fisiologia. Ad esempio, basti pensare alla pratica dell’imbalsamazione, che senza tali studi non sarebbe stata possibile.

Come per molte, moltissime cose umane, fu in Grecia, nell’antica Grecia, che la pratica assunse il ruolo di dottrina e iniziò ad essere codificata scientificamente.

Noi spesso richiamiamo alla memoria Leonardo, e i suoi cadaveri dissezionati (che è bene dirlo: furono dissezionati già secoli prima), perché in realtà fu tra i primi che, per farne scienza e studio, ne fece anche Arte. E non parliamo solo di opere artistiche, ma proprio anche dei suoi studi anatomici, che senza una visione tridimensionale (che ebbe la sua nascita prima di Giotto), la volumetria e la prospettiva, non avrebbero potuto essere eseguiti così magistralmente.

Infatti, dopo secoli bui e oscuri, nel Rinascimento (che non a caso è chiamato così) gli studi anatomici rifiorirono vigorosamente. Leonardo da Vinci, appunto, si dedicò a numerose osservazioni e pratiche, ma non le divulgò. E lo stesso fece anche Michelangelo. Nel suo trattato della Pittura, Leonardo descrive alcuni pensieri derivanti dallo studio anatomico e riportati nell’aspetto artistico, in ambito di muscolatura, carnagione, e soprattutto impostazioni posturali, che per lui dovevano essere veritiere. Insomma: non avrebbe mai realizzato opere d’arte dove i protagonisti assumevano pose grottesche impossibili da mantenere nella realtà.

E questo concetto, oggi, purtroppo è sempre più spesso dimenticato, perché come riferimenti non vengono presi e studiati elementi naturali, ma interpretazioni degli stessi, perché in realtà è venuto meno il disegno anatomico, mentre ha preso sempre più piede il disegno “esagerato”, espressivo, onomatopeico.

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Erano studi che venivano fatti per proprie esigenze (e ricordiamolo: tutti parlano dell’invenzione della stampa, e poi della stampa seriale, ma in realtà anche in questo caso dovette verificarsi l’esigenza particolare, e cioè quella che vide necessario condividere il sapere. Mica robetta da poco).

E man mano che si avanzava negli studi, e si scendeva nel particolare, anche la capacità di rappresentare ciò che si vedeva dovette affinarsi, e da questo nacquero altre esigenze: punte più sottili, inchiostri colorati, fogli capaci ma sempre più convenienti, etc. etc.).

In buona sostanza, niente come lo studio anatomico si sposò con la rappresentazione grafica, e ne sospinse l’evoluzione.

Un’artista rinascimentale (e comunque dal rinascimento in poi) era, per molti versi, essere un anatomista. A fronte di un’arte più vera, più realista, più aderente alla verità, necessitava maggiore conoscenza, maggiore comprensione di come le strutture del corpo lavoravano insieme. E da lì al capire come fosse fondamentale anche comprendere e destrutturare l’incarnato, e i muscoli le ossa visti attraverso la pelle, fu un attimo.

Nel proseguo dei secoli, come abbiamo detto, si materializzò il concetto del sapere sempre più diffuso e massificato. Da qui prese vita anche lo studio dei canali che potevano assolvere questo compito. La stampa, naturalmente, al primo posto. Ma anche la lavorazione della cera, che portò alla creazione di modelli anatomici di tutto rispetto e altamente funzionali per lo studio.

A noi non interessa arrivare a tanto. Ma capire cosa c’è sotto la pelle, e come funziona, ha la sua importanza.

E allora iniziamo a scoprire questo mondo meraviglioso.

Anatomia pittorica

Due settori di applicazione dell’anatomia sono quella umana e quella comparata.

La prima ha come soggetto di studio esclusivamente l’uomo.

La seconda esamina gli animali in rapporto all’uomo.

L’anatomia pittorica, o delle forme, o attristisca è una branca dell’anatomia umana. Studia le diverse prominenze, le legature, le proporzioni degli organi. In poche parole, si occupa delle forme esteriori del corpo umano, e di come rappresentarle, per l’utilità degli artisti.

Per poterlo fare, dobbiamo capire cosa si muove sotto la superficie, come e perché, senza per questo diventare medici.

Un pittore o uno scultore, infatti deve apprendere cognizioni anatomiche bastanti per quel tanto che può interessare per capire, compenetrare e “muovere” secondo bisogna un figurino umano. Deve insomma sapere le nozioni primarie per poter immaginare una scena, un movimento, un’azione e/o vedere un soggetto in toto o in parte muoversi nella sua composizione, quali che ha ideato o che sta riproducendo.

Un ritrattista, ad esempio, deve conoscere l’anatomia perché sapendo cosa c’è sotto la pelle del viso riesce a comprendere dove il cranio del soggetto si modifica, a seconda dell’età, del peso, delle condizioni del corpo in salute o in malattia, e comunque per collocare esattamente anche le diverse impostazioni morfologiche. Sapere che un naso è lungo o corto aiuta, ma saperne il PERCHE’ lo fa raffigurare attentamente, come se lo vedessimo ai raggi x.

Allora, iniziamo a mettere le basi dello studio.

I primi due termini con i quali dovremo avere a che fare, e che dobbiamo fare nostri, sono i seguenti:

OSTEOLOGIA (studio delle ossa)

MIOLOGIA (studio dei muscoli)

Sulla base di queste due voci, e padroneggiando le loro informazioni, ci occuperemo di tutte le altre cognizioni relative al sesso, all’età, alle razze, ai temperamenti e alle espressioni fisiognomiche

 

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