La tecnica delle tre matite
La tecnica delle tre matite NON è un modo di disegnare oggetti, o una delle tante tecniche grafiche espressive.
O meglio: non nasce con questi scopi.
La tecnica delle tre matite fa riferimento a due importantissimi e fondamentali concetti dell’Arte, che devono essere ben compresi e metabolizzati, altrimenti non si riuscirà mai a svolgere tale pratica.
Francois Boucher
I concetti fondamentali sono i seguenti:
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Scomporre i lavori, nella fase di studio, nei tre colori di base che più spesso venivano (e sono ancora, in alcuni casi) usati nella pittura, e comunque in abbozzi, sotto pitture e via discorrendo: nero, rosso e bianco
Quindi, partendo da una tecnica precisa di esecuzione pittorica (che avrà il suo massimo orgoglio nel cromatismo veneto, ed il suo massimo esponente nell’immenso Tiziano Vecellio), ci si rifaceva a ciò che si sarebbe seguito DOPO, ricreandone gli effetti PRIMA e studiandone l’effetto finale, usando le tonalità principali
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Eseguire studi e schizzi preliminari (quando non si punta a definire lavori veri e propri completi) studiando l’effetto pittorico che il lavoro dovrà avere prima di iniziare a dipingere, posizionando bene ombre, luci e mezzitoni
Jean Antoine Watteau
In queste due ottiche nascono e andrebbero comunque svolti lavori con la tecnica delle tre matite. Ma abbiamo nominato ombre, luci e mezzitoni…
…e difatti, ci rifacciamo ai tre medium che meglio, a secco, potevano (e possono ancora, in termini di rendering e non di esecuzione pittorica finita e colorata) rendere tali impostazioni.
Il carboncino, per le ombre
La sanguigna,, per i volumi e i mezzi toni (in combinazione con la carta colorata)
Il gesso, per i colpi di luce
Il tutto, lo ripetiamo ancora una volta, espresso in termini di disegno ma da vedersi come realizzazione pittorica a tutti gli effetti.
Pieter Paul Rubens
Hans Holbein
Questo è l’unico vero trucco necessario per eseguire lavori spettacolari con la tecnica delle tre matite.
Si parte quindi con una carta tonalizzata, certamente a gusto proprio, ma anche in funzione dei lavori che andremo a fare.
Per visi, figurini e scene sarà più indicata una carta tonalizzata calda, per aiutare la sanguigna a rendere volumetrie e morbidezze (e anche per rendere un incarnato più armonico e volubile, grazie ai variabili modi di apporre polvere sul supporto, interagendo, specialmente nel caso delle sfumature, con la tonalità della carta).
Per lavori finiti si possono utilizzare carte dai colori di tonalità complementari rispetto a quelli dell’oggetto raffigurato.
In ogni caso, l’idea è quella di rappresentare mezzi toni, o volumi, o mezzetinte (come volete chiamarle), le ombre e le luci quasi in ottica e definizione pittorica.
Solo con grafite o carboncino si lavora allo stesso modo ma, lavori finiti a parte, più a livello di studio e di composizione, che non propriamente di pittura
Pieter Paul Rubens
Francoise Boucher
Pieter Paul Rubens
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