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Studiare bleah.... ma anche sì

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STUDIARE…BLEAH!

Questo è quello che per una vita abbiamo detto. E questo è quello che adesso ci sentiamo dire spesso.

Studiare… perché? A cosa serve, in un mondo tecnologico, del pronto uso, dove vi sono mezzi e strumenti per riprodurre fedelmente qualsiasi cosa? A che scopo, imbattersi in teorie e pratiche da sviscerare e comprendere, quando tutto può essere fatto in un click?

Bella domanda.

Ma non ci colgono impreparati. Abbiamo le idee chiare, siamo certi della bontà delle nostre argomentazioni. Quindi, iniziamo con il dire che

TUTTI COPIANO, POCHI RIPRODUCONO, POCHISSIMI CREANO

Fare Arte, in qualsiasi tecnica, a qualsiasi livello, è sognare ad occhi aperti.

Significa immaginare mondi che non esistono, e un minuto dopo sono lì, reali, ti guardano. Personaggi strani, buffi, drammatici, che ripetono in eterno un’azione, il pathos, il dramma, la gioia.

Immaginare, sognare, inventare… creare. Tutto nella testa, nei pensieri, nelle favole e nelle storie che ci raccontiamo. Poi serve renderle reali, concrete, fruibili. Fermare l’emozione per sempre, la visione per sempre, la melodia per sempre.

Ognuno usa quello che preferisce. Lo scrittore usa le parole, le mette insieme, le sposa e le separa, come fossero note.

Il musicista prende le note, dà loro un valore, una tonalità, le fa vivere e vibrare… parlare come fossero parole.

E l’artista? Beh, l’artista prende la matita, i pennelli, i colori… e crea il mondo

Giusto. Vero. Esatto.

Ma lo scrittore, il musicista, l’artista, non sono arrivati a poter concretizzate i loro sogni così, in un secondo, tra un supplì e una gita al mare. Ci sono arrivati imparando il modo giusto, quello da loro preferito, per potersi esprimere.

E mai trovereste qualcuno che acquista una chitarra e poi la suona con una scarpa, perché “questa è la mia musica”, convinto di essere musicista solo perché imbraccia uno strumento (beh, oddio…talvolta…)

E mai trovereste uno scrittore che picchia sulla tastiera con un martello, convinto di essere un creatore di best sellers solo perché è davanti ad una tastiera (beh, oddio…talvolta…)

Mentre invece troverete milioni di persone convinte di essere artisti solo perché hanno svitato il tappo di un tubetto di colore e imbrattano una superficie. Ahimè…

Questo perché il tracciare segni e il dipingere sono espressioni libere… cioè possono portare a risultati interessanti anche senza una preparazione specifica. Risultati interessanti, d’accordo… ma per chi?

Come nel caso dello scrittore e del musicista, ci dobbiamo chiedere se lavoriamo solo per noi o perché altri godano del nostro lavoro. E non fraintendiamo, come molti furbescamente fanno, la domanda con l’asserire che ci si vende per fare ciò che è gradito alla gente. Questo è un altro discorso, molto complesso e sviluppato nel corso di millenni (tutta la storia dell'arte è nata su commissione) ma non è questo. Qui ci si chiede se ciò che vogliamo trasmettere vogliamo anche che sia trasmesso. O che resti pensiero nostro e basta, non condiviso. Ed è fondamentale, porsi la questione, per molteplici motivi.

Tanti dicono “non mi importa. Io mi esprimo così” salvo poi lamentarsi se nessuno, e sottolineo nessuno, apprezza le loro creazioni, E’ solo voglia di non studiare. Pigrizia mentale. Autostima zero, arroganza 100.

LA TECNICA NON E’ LIMITATIVA DELL’ESTRO, E MEN CHE MENO SOTTRAE SPONTANEITÀ’.

AL CONTRARIO: LIBERA LA MENTE DALLE PASTOIE DELL’INCOMPETENZA E DELL’INADEGUATEZZA, LIBERA IL TALENTO DAI CEPPI DELL’IGNORANZA, ED ELEVA IL PENSIERO, LO SPIRITO E L’ESTRO CREATIVO LA’ DOVE NON AVREBBERO MAI IMMAGINATO DI ARRIVARE

Facciamo un esempio pratico. Sarà innegabile il concetto espresso, e incontestabile il significato.

Un architetto crea un progetto. Ha il suo sapere, la sua tecnica, i suoi simboli. Il suo progetto deve essere compreso anche a migliaia di chilometri di distanza, in lingue anche diverse, anche senza possibilità di contatto e spiegazione.

Solo la tecnica, e le regole condivise, possono trasferire il suo pensiero da un continente all'altro, da una mente all'altra.

E proprio queste regole, e questo linguaggio, gli permettono di creare composizioni ardite e fantasiose: perché sa che saranno capite e comprese.

L’ingegnere prende in mano il progetto. Devo svilupparlo, adattarlo al terreno, al pensiero. Deve mettere in piedi un cantiere, decidere dove posizionare i macchinari, quanti uomini, dove e in che ordine. Stabilire metodologie, tempistiche, materiali. Si affida a formule universali, conosciute e applicate in tutto il mondo, e i suoi operai comprenderanno il dove e il perché di ogni cosa.

E proprio queste formule universali gli permetteranno di affrontare terreni diversi, caratteristiche ambientali diverse, uomini di nazionalità ed estrazione diverse.

E proprio questo “armarsi” contro l’ignoto lo metterà in condizione di essere vincente e preparato. E di superare ogni imprevisto che incontrerà sulla sua strada

Ecco: allora iniziamo a pensare che in ognuno di noi c’è un architetto, che progetta un lavoro, ha un’idea, una visione. E un ingegnere che prende questa visone e la trasforma in un processo costruttivo e creativo concreto, pianificato e codificato.

E l’artista? Ce lo siamo dimenticato, l’artista?

Certo che no. Lui arriva adesso. Ultimo, ma più importante. Si trova il progetto costruito, con le linee guida, finito, pronto a ricevere il suo estro. E’ scarno e nudo, ma proprio per questo serve l’artista. E quest’ultimo si scatena, componendo, cambiando, illudendo.

Noi siamo tutto questo, tutto nella nostra unica persona, nella nostra unica mente.

L’artista, senza architetto e ingegnere, è niente. E’ miseria alle stato puro, nullità sotto vuoto spinto. E’ un imbianchino con una scala e un secchio di vernice lasciato da solo in mezzo al deserto. Inutilità allo stato puro. Non ha dove mettere sentimento, conoscenza… non ha dove esprimersi, dove tinteggiare la sua bravura

La prova? Un unico Pollock, un unico Hearing, un unico Wharol… chiunque è stato il primo ad avere una visione l’ha anche architettata e progettata… ed è stato un precursore. Prima di loro, nessuno. E dopo, anche. Chi è arrivato secondo è arrivato uguale al millesimo. Senza storia, senza riconoscimento. Perché in questi casi ha pagato l’idea, non la tecnica in sé. E quindi merito a chi ha avuto l’idea, Gli altri, come giusto che sia… zero.

E COMUNQUE: NESSUNO DI NOI E' COME LORO. LEVATEVELO DALLA TESTA. ALTRIMENTI SARESTE DA UN'ALTRA PARTE NEL MONDO, NON CERTO QUI

Laddove invece sussiste tecnica, e ragionamento artistico e pittorico, molti sono coloro che sono riusciti ad esprimersi e ad imporsi in un mondo e in un mercato saturi

 Proprio perché la tecnica, e non la casualità, ha potuto valorizzare la propria cifra stilistica, unica e inimitabile.

Chi dice che l’Arte è emozione, è qualcosa in mano allo spettatore, e che è quest’ultimo che deve dare significato all'opera… deve cambiare mestiere.

Le opinioni sono legittime e sacrosante, le verità no. Sono verità, e basta. E la verità è che anche la più stupida delle canzoni è fatta di note che hanno dei valori e che sono regolamentate. Se pensate che non sia così, perché usando il computer dovete solo trascinare le melodie sul pentagramma, siete degli stolti. Voi trascinate qualcosa che qualcun altro ha programmato con regole precise.

Se pensate di poter scrivere qualunque cosa, siete degli stolti. Il vocabolario non ha una parola sola, non un verbo solo, e metterlo insieme è cosa difficile assai.

Se invece siete davvero convinti di valere qualcosa, di avere da dire, e di poter occupare un posto motivato in un ambito artistico, beh, allora dovete imparare le regole del gioco. Nessuno si siede ad un tavolo da poker senza conoscere in ogni dettaglio le regole del gioco. Nessuno si sogna di dire “gioco a modo mio, come mi sento, con quante carte mi pare” solo perché volete sentirvi dei giocatori. A poker come a rubamazzo.

E se procedete rapidi e leggeri perché avete la convinzione che avete già perso anche troppo tempo, nella vostra vita, senza esercitare l’Arte, beh… vi comunico che state continuando a farlo. Da cosa lo deduco? Da come vi sentite quando avete finito un lavoro. Dieci secondi di soddisfazione, e chili di vuoto interiore. Non è così? Bene, buon per voi. Allora vi siete liberati di noi, perché non abbiamo niente da dirci.

Studiare è libertà assoluta, e potere pieno.

 È potenzialità esplosiva, sbaragliare la concorrenza, evitare di mischiarsi con gli inetti e gli incompetenti.

Chi, potendo abitare in una villa con piscina, vorrebbe abitare in un cassonetto dei rifiuti?

Solo i fasulli, gli inetti, i troni e gli arroganti, che trovano ogni scusa per mascherare le loro nullità.

Noi siano Artisti. Noi abbiamo ricevuto il dono.

Noi siamo unici

 

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